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Prime Tesla made in Europe: Musk al nuovo affondo sui big

Investiti 5 miliardi a 250 chilometri dalla sede storica di Volkswagen. Gli occhi degli operatori su Stellantis: ultima arrivata, può evitare gli errori altrui

di Alberto Annicchiarico

Aggiornato il 22 marzo 2022 alle ore 20:02

Ces 2022, sulle Tesla di Musk dentro al Vegas Loop

4' di lettura

Elon Musk è atterrato ieri alle 13 a Berlino con il suo aereo personale seguito passo passo dall’ormai celebre account Twitter di un nerd che gli ha chiesto una Model 3 per chiuderlo. Il momento topico del D-Day, lo sbarco ufficiale in Europa del brand già californiano e dal 1 dicembre texano (dopo il trasferimento del quartier generale a Austin) è stato fissato alle 15. Poca stampa (la maggior parte dei media è stata inopinatamente tenuta alla porta, ha riferito la Associated Press), qualche centinaio gli invitati, comprese le autorità politiche locali, il cancelliere Olaf Scholz e il ministro dell’Economia, Robert Habeck, al battesimo della GigaBerlin, la prima fabbrica di Tesla in Europa, investimento da 5 miliardi di dollari, annunciata nel 2019, prima che il mondo fosse cambiato dalla pandemia.

A chi gli chiedeva di confrontare lo stile di Tesla con la lentezza dei progetti tedeschi, in primis quello dell’aeroporto di Berlino Willy Brandt, aperto il 1 novembre 2020 con otto anni di ritardo, Habeck ha risposto riferendosi a «una cultura del rischio diversa». Non ha osato ovviamente fare riferimento alla forza del sindacato. Di recente il sindacato di Volkswagen Group è stato decisivo nello stoppare i piani del ceo Herbert Diess, che per incrementare la produttività si era spinto troppo oltre preventivando migliaia di licenziamenti. Dallo scontro è nato il progetto per una seconda fabbrica a Wolfsburg per i nuovi modelli elettrici e una tregua a lunga gittata sul costo del lavoro.

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Il nuovo sito industriale di Tesla è modernissimo come gli altri tre a Fremont (quella storica), Austin (prossima apertura) e Shanghai (in Cina è in programma una gemella). Un punto di forza è la cosiddetta giga press, il macchinario “magico” nato in Italia, negli stabilimenti della bresciana Idra group. La concorrenza non vede l’ora di portarla a casa perché sostituisce il lavoro di circa 300 robot. Basta questo a fare intuire quale vantaggio abbia la casa americana pioniera delle auto a batteria. Ma anche sul versante del software Tesla è avanti di anni, tanto che la concorrenza ha finalmente iniziato ad assumere legioni di ingegneri.

I GRANDI COSTRUTTORI
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Lo stabilimento di Grünheide suona quindi come una sfida ai big europei dell’Auto, in particolare le case premium con volumi, a regime, analoghi (Mercedes-Benz e Bmw oggi sono attestate intorno e poco sopra i due milioni, Tesla ci arriverà entro due o tre anni al massimo). Paura? Chissà. Di fatto già oggi Tesla vende in Europa il 13% delle Bev (auto elettriche a batteria). Che diventa il 25% proprio in Germania. Model 3, la piccola che costa 47mila dollari e a partire da 50mila euro, l’anno scorso è arrivata anche ad essere la più venduta in assoluto, in settembre (comunque nella classifica finale è arrivata al posto 17, con 141 mila esemplari immatricolati, contro i 205 mila dell’immortale Vw Golf.

La nuova giga factory impiega 12mila dipendenti. È a un’ora scarsa a est della città-stato e capitale della Germania e a 250 km da Wolfsburg, mitica sede del gruppo Volkswagen. Il taglio del nastro è stato rimandato di oltre otto mesi perché qualcosa non ha funzionato nella solitamente molto efficiente macchina burocratica tedesca: troppi granelli di sabbia, tra comunità locali, ambientalisti e chissà cos’altro. Il nuovo impianto è stato messo sotto accusa per un supposto eccessivo consumo di acqua, a detrimento della falda. Tesla ha sempre negato che le cose stiano così, ma dovrà dimostrarlo.

Le prime Tesla Model Y europee (oggi saranno consegnate le prime 30 in versione Performance) erano attese a luglio e invece hanno incominciato ad essere parcheggiate in buon ordine sul piazzale interno solo da qualche settimana, quando è apparso chiaro che, seppure in via condizionata, proprio per la questione acqua, sarebbe arrivato il semaforo verde.

«La Germania è un mercato meno aperto di quanto si possa credere - commenta Marco Santino, partner di Oliver Wyman per la practice Automotive e Manufacturing Industries - ma l’arrivo di Tesla lo vedrei più come un consolidamento. Le 500mila auto che produrranno in Germania entro il 2024 e 800mila entro il 2028 non possono stravolgere un mercato da 12 milioni di unità. Certo, loro hanno costruito 930mila automobili nel 2021, due volte il dato del 2020. Grazie al nuovo stabilimento americano e al raddoppio cinese saranno in grado di agguantare Bmw e Mercedes-Benz entro due o tre anni. Una velocità certamente impressionante. Che si spiega anche con la complessità del portfolio delle big storiche, se confrontato con i 4 modelli di Tesla. Una gamma estesa assorbe molte più risorse».

In Europa Tesla finalmente potrà vendere dove produce. Un’opportunità preziosa se si pensa a quali difficoltà ha incontrato l’automotive nel 2021 per la crisi di offerta dei microchip e in genere per tutta la supply chain, interrotta ora dagli stop dei porti cinesi causa Covid, ora dalle difficoltà oggettive di reperire materie prime a costi sopportabili. «Con l’arrivo in Germania - osserva Davide Di Domenico, managing director e senior partner di Boston Consulting Group, fresco amministratore delegato per l’area East Mediterranean, Caspian e Russia - Tesla non farà paura a un gigante come Vw ma potrà ottimizzare la sua supply chain, dalle batterie ai diversi componenti, e quindi potrà giocare meglio sui prezzi e i relativi margini. Pochi giorni fa li ha ritoccati (i prezzi, ndr) ben due volte in una settimana, ma se lo può permettere perché tecnologicamente è cinque anni avanti». La sorpresa, però, è che in gara non ci sono solo le tedesche. «Se Carlos Tavares, che in altre occasioni ha mantenuto la parola, saprà fare ciò che ha annunciato, Stellantis potrà dire la sua. Perché arriva per ultima ma si potrà avvantaggiare degli errori degli altri».

Il titolo Tesla ha performato molto bene martedì (+7%), dopo una settimana in netta ripresa (+30% a 990 dollari, ancora lontano dai massimi di gennaio, a quota 1.200 dollari) in un anno iniziato particolarmente male (-17,4%) come per l’intero comparto tech.

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